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Le felci

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Strane piante le felci. Strane, affascinanti e antichissime. Diffuse in tutti i continenti e considerate apotropaiche dai popoli del nord, con la loro disarmante semplicità hanno da sempre stuzzicato la curiosità e la fantasia dell’uomo.

Le felci sono spesso le prime piante a ricolonizzare il bosco dopo un incendio, poiché il rizoma sotterraneo sopravvive al fuoco, e nel medioevo erano utilizzate dalle streghe per gli incantesimi d’amore.

Antichissime dunque. Ma quanto antiche? Immaginiamo di poter viaggiare indietro nel tempo, agli albori della vita sulla terra. A ritroso nelle ere geologiche, fino all’epoca in cui l’ assenza di ossigeno e di ozono nell’atmosfera e le radiazioni solari rendevano impossibile la vita sulle terre emerse. Il nostro pianeta ci sembrerebbe un posto quasi totalmente estraneo, alieno e inospitale. Probabilmente l’unica cosa che riconosceremmo come familiare sarebbero le felci.

Queste piante infatti sono state le prime ad affrancarsi totalmente dall’ ambiente acquatico, le prime in assoluto ad ergersi dal terreno preistorico, nel periodo devoniano.

Le felci popolavano già il pianeta quando i primi insetti iniziarono la colonizzazione delle terre emerse. Nel periodo noto come carbonifero, in un misterioso silenzio e in un clima perennemente caldo e umido, immense foreste di felci immettevano nell’atmosfera l’ossigeno che lentamente avrebbe permesso ai primi animali di popolare la terra. Foreste che si estendevano a perdita d’ occhio, affondando le radici in terreni molli e acquitrinosi in cui trovavano rifugio strani anfibi e strisciavano i primi rettili primitivi.

Le felci hanno osservato la comparsa dei dinosauri, ne hanno accompagnato lo sviluppo e sono sopravvissute agli eventi che ne hanno provocato l’estinzione. Hanno assistito all’ epoca del dominio dei rettili e poi a quella dei mammiferi, alle glaciazioni, alla comparsa dell’uomo e all’instaurarsi dell’antropocene.

Durante tutto questo periodo, centinaia di migliaia di specie di piante e animali si sono sviluppate e poi sono scomparse, lasciando al massimo qualche testimonianza fossile. Le felci no. Le eterne felci hanno potuto osservare l’intero evolversi della vita sulla terra, dai suoi albori ad oggi.

Photo by Camillmanenti

Naturalmente l’uomo ha tentato di minacciarle, con la distruzione sistematica del loro ambiente naturale, con gli incendi, con l’introduzione di specie alloctone e con comportamenti insensati.

Verso la metà dell’ ottocento in Inghilterra, ma anche in altre zone d’ Europa, scoppiò quella che alcuni autori dell’epoca definirono pteridomania o fern fever (febbre della felce): una moda fanatica che consisteva nell’accaparrarsi la maggior quantità possibile di fronde di felci per decorare case e luoghi pubblici. E più la felce era rara, più era considerata preziosa. Si organizzavano massicce battute di ricerca, che devastavano il sottobosco fino al punto di minacciare alcune specie di estinzione. Qualcosa di molto simile ad una follia collettiva. Ma poi la moda passò, e fortunatamente le felci hanno resistito meglio di altri organismi all’ attenzione umana. Così, al termine della pteridomania vittoriana, senza troppo clamore, hanno ripreso nuovamente ad espandersi, riappropriandosi dei propri spazi, mentre l’uomo rivolgeva altrove i suoi comportamenti distruttivi.

Quando si parla comunemente di felci, ci si riferisce ad una moltitudine di specie vegetali: si tratta del più grande gruppo di piante vascolari dopo le angiosperme, con circa 10000 specie riferibili a qualcosa come 250 generi differenti. Ma se state osservando una felce in un bosco in Italia, c’è una buonissima probabilità che siate al cospetto della specie Pteridium aquilinum, diffusissima alle nostre latitudini. Si tratta di una erbacea perenne, con un rizoma strisciante da cui emergono le fronde annuali, che si presentano bi- o tripennate.

L’ epiteto “aquilinum” appare nel 1753 nel volume II dello Species plantarum di Linneo, e fu lo stesso Linneo a spiegare di aver fatto derivare il nome dall’osservazione del rizoma, che tagliato ortogonalmente assume la forma di un’aquila in volo. Qualcuno invece ha suggerito che a ricordare un’ aquila siano anche le fronde, e d’altra parte in greco pteron significa ala.

Le fronde della felce hanno una struttura frattale, e nello stadio giovanile si presentano arrotolate all’apice. Questo tipo di sviluppo fogliare, chiamato vernazione cirinnata, permette alla pianta di proteggere le spore, che si trovano nella pagina inferiore della foglia, e si realizza grazie ad una crescita più rapida di una pagina della foglia rispetto all’altra. La giovane foglia arrotolata viene talvolta chiamata pastorale, come il bastone in uso presso i vescovi. Durante la maturazione fogliare poi, la pagina sviluppatasi più lentamente, grazie all’azione di un ormone vegetale, l’ auxina, raggiunge anch’ essa il pieno sviluppo permettendo lo srotolamento della foglia.

Le felci si adattano a climi diversissimi tra loro, dalle selve castanili mitteleuropee alle calde foreste pluviali del Sudamerica. Non dando origine a fiori né a frutti, non necessitano di quantità particolarmente abbondanti di radiazione solare, e prosperano benissimo nel sottobosco. Anche in fatto di composizione chimica del terreno sono meno esigenti rispetto ad altre piante. Questo fa sì che in alcune occasioni si espandano fino ad essere considerate delle infestanti, in particolare nelle zone adibite a pascolo. Il loro punto più delicato è il bisogno di un ambiente umido. La fecondazione infatti è strettamente legata all’abbondanza di acqua, in quanto durante la riproduzione gli spermatozidi flagellati del gametofito devono poter nuotare dall’anteridio all’archegonio. Le felci dunque, per prosperare hanno bisogno di acqua, perlomeno in alcune stagioni. Per questo motivo sono assenti nei climi più aridi, nei quali dominano le piante a seme, adattatesi meglio a sopportare situazioni siccitose.

Le felci e la riproduzione tramite spore

Ci avete mai fatto caso? Le felci non hanno semi, né frutti, né fiori. A differenza di tutte le altre piante vascolari infatti, le pteridofite non si riproducono tramite semi, ma attraverso spore. Le spore, diversamente dai semi, germinando non danno origine ad un altra felce, ma ad un gametofito, un piccolo individuo vegetale indipendente e capace di fotosintesi. È nel gametofito che avviene la fecondazione che darà origine ad un nuovo sporofito (cioè alla felce così come noi la intendiamo). La felce poi, produrrà le spore che daranno il via ad un nuovo ciclo. Il ciclo vitale delle felci dunque, detto alternanza di generazioni, dà origine a due tipi di piante completamente diverse nell’ aspetto. Invece di un susseguirsi di piante madri e piante figlie, simili l’ una all’ altra, vi è un’ alternanza di due generazioni completamente differenti fra loro: lo sporofito, che è quello che comunemente osserviamo e che riconosciamo come felce, e un piccolo individuo detto gametofito, di pochi millimetri di diametro e dalla caratteristica forma a cuore.

La felce insomma non origina un’altra felce, ma un’ organismo vegetale dalle caratteristiche completamente differenti, piccolo e privo di radici sviluppate ma capace di vita autonoma, ed è solo nella generazione successiva che tale organismo, il gametofito appunto, tramite fecondazione, darà origine alla successiva generazione di individui con le caratteristiche della felce (il nuovo sporofito).

È un concetto di difficile comprensione per noi abituati a pensare alla riproduzione degli animali superiori, in cui si susseguono generazioni di individui simili fra loro: un ippopotamo da origine ad un altro ippopotamo, che possiede caratteristiche anatomiche del tutto sovrapponibili, come da un seme di zucca nasce una pianta di zucca, morfologicamente simile a quelle delle piante della generazione precedente. Ma d’altra parte i vegetali sono capaci di forme di propagazione che sfuggono alle regole che osserviamo normalmente (pensate alla riproduzione per talea, ad esempio). E poi, macchinosa e difficile da comprendere finché volete, la riproduzione per spore pare funzioni, o le felci non esisterebbero sulla terra da centinaia di milioni di anni.

Il fiore magico della felce

Dicevamo che le felci non hanno fiori. Ed è vero, per la botanica. Ma non lo è per la leggenda e la magia popolare. Secondo la tradizione infatti, durante la notte di San Giovanni, esattamente allo scoccare della mezzanotte e per un solo fugace attimo, sulla felce sboccerebbe un fiore magico, capace di regalare prosperità e abbondanza al viandante che si trovasse nei pressi della piante per osservarne la fioritura.

Ma anche se non vi andasse di attribuirgli di questi poteri magici, la prossima volta che incontrate una felce, provate ad osservarla e a riconoscere gli elementi meravigliosi che invece biologicamente possiede davvero. Soffermatevi ad ammirare la geometria perfetta delle sue frode, che risponde a precise regole descritte dalla matematica non euclidea, e che viene definita geometria frattale.

E provate a intuire, dietro quelle forme così essenziali e in apparenza semplici, i segreti che hanno permesso alle felci di calcare da sempre, e al di là di qualsiasi avversità, l’immenso palcoscenico della vita.

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