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Folletti e gnomi

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Folletti e gnomi. caratteristiche e differenze.

Come dite? Folletti, gnomi, elfi e simili non esistono? Può essere. Ma è altrettanto indubbio che queste piccole creature abitanti delle foreste sono state descritte praticamente da ogni civiltà conosciuta. Popoli geograficamente e temporalmente distanti tra loro e privi di qualsiasi altra somiglianza culturale, presentano nel loro folklore richiami a piccoli esseri dispettosi abitanti dei boschi. Pensate ai troll dei boschi scandinavi, ai leprechaun irlandesi, ai Buschmannchen dell’ Alta Slesia e a tutte le altre mille declinazioni locali dei rappresentanti del Piccolo Popolo.

Possibile che si siano sbagliati tutti sulla stessa cosa? Sì, probabilmente è così. Ma è altrettanto possibile che gnomi e folletti, o quantomeno ciò che rappresentano, siano un archetipo, un’ immagine primordiale che da sempre pervade la psiche dell’uomo. Una rappresentazione esteriore di qualcosa che è presente dentro di noi, e quindi, di fatto, in qualche modo reale. Se così non fosse, non si spiegherebbe per quale motivo l’ uomo, praticamente in ogni tempo e in ogni luogo della terra abbia sentito il bisogno di raccontare storie in cui costoro erano protagonisti. Mutano i nomi e alcune caratteristiche, ma altre, quelle fondamentali, si ripetono in modo costante, dalla Groenlandia al bacino del mediterraneo.

E in ogni modo, reali o no, dato che adoro andare per boschi, qualche informazione su di loro mi fa piacere averla. Credo che incarnino lo spirito stesso di certe selve incontaminate, di certe abetaie fresche e nebbiose sufficientemente lontane dalle attenzioni dell’ uomo. Inoltre mi spiacerebbe trovarmene davanti uno e non saperlo riconoscere: sono parecchio dispettosi, ed è probabile che siano anche di indole permalosa.

E non pensiate che i discorsi su gnomi e folletti siano semplicemente dissertazioni da bambini o da adulti appassionati di fantasy. Molto prima della nascita di questo filone letterario infatti, degli esseri del piccolo mondo si sono occupate menti eccelse che conosciamo per ricerche molto più concrete. Il primo a scrivere diffusamente di gnomi, ad esempio, fu il medico e alchimista Paracelso. Lo stesso – per intendersi – che ha dato il nome allo zinco e ha posto le basi della semeiotica medica e della sistematica botanica.

Ma che differenza c’è fra folletti e gnomi?

La prima, sostanziale differenza fra folletti e gnomi è l’ambiente in cui vivono. Mentre infatti i folletti sono creature dell’aria, che abitano i boschi, le foreste e le radure, e in alcuni casi sono capaci di volare, gli gnomi appartengono al mondo ctonio: occupano gli spazi ipogei come miniere, cavità della terra, grotte e incavi del sottosuolo, uscendo solo occasionalmente in superficie. Questa differenza era stata messa ben in risalto dall’opera di Leopardi “dialogo di un folletto e di uno gnomo” in cui i due protagonisti dialogano in un ipotetico giorno successivo alla scomparsa del genere umano, dileggiando l’antropocentrismo che ci aveva portato a credere che la nostra specie fosse immortale (andate a rileggerlo, ne vale la pena!).

Un’ altra caratteristica che distingue gnomi e folletti è l’indole. Gli gnomi sono lavoratori instancabili. Scavano gallerie incredibilmente lunghe, specialmente nelle vicinanze delle miniere d’ oro (a proposito, l’oro per gli gnomi è davvero un chiodo fisso). I folletti invece non amano il lavoro. Passano il tempo a ridere, fare scherzi e combinare casini. Hanno una risata caratteristica e difficilmente si impegnano in lavori seri. Alcuni di loro sono molto ricchi, altri compensano con poteri magici. E’ il caso dei già citati leprechaun, che possiedono una borsa con un solo scellino all’interno: appena lo hanno speso, lo scellino ricompare. Di scavare miniere dunque, nessuna voglia.

Gli gnomi tendono ad essere più timidi ma anche più affidabili, rispetto agli imprevedibili folletti.

Questo per quanto riguarda le caratteristiche generali, ma come accennavo esistono così tanti tipi di folletti e di gnomi che le differenze fra un gruppo e l’altro dello stesso popolo possono essere marcatissime. Alcuni sono timidissimi e altri ricercano di proposito gli uomini per prendersi gioco di loro. Alcuni sono innocui e altri quasi pericolosi. Altri ancora, al massimo possono provocare qualche brutto sogno.

Nelle mie zone, a titolo di esempio, fino a un paio di secoli fa erano presenti i derscialét, folletti dalle abitudini notturne che si aggiravano per le prealpi dell’alto varesotto e della Svizzera italiana. Durante le loro scorribande entravano furtivamente nelle case e si sedevano sulla pancia delle persone che dormivano, provocando cattiva digestione e brutti sogni. Ovviamente chiudere la porta a chiave sarebbe stato inutile, ma si racconta che fosse possibile tenerli lontani mettendo dei semi di miglio sulla maniglia della porta. Tentando di entrare il folletto faceva cadere i semi ed era costretto a raccoglierli tutti e rimetterli a posto. Una volta rimesso tutto in ordine però, ritentando di entrare, li avrebbe nuovamente fatti cadere, e così via fino al mattino. A quel punto i sogni erano salvi. Peraltro anche un pane capovolto sul tavolo era protettivo, ma chi me lo ha svelato non ha saputo spiegarmi tramite quale meccanismo.

Ne esistevano altri, di cui non saprei purtroppo indicarvi il nome, che entravano nelle stalle dei contadini, rubando il latte appena munto e legando il pelo a mucche e capre con nodi noti solo a loro, e che non era più possibile districare se non usando le forbici. A parte questo comunque, non avrebbero mai fatto del male alle bestie in questione.

Se la passavano forse meglio nella vicina Val Cavargna, dove erano presenti i Bragòla: folletti ricoperti di pelo che si nascondevano per poi lanciarsi addosso ai pastori, spaventandoli. A differenza di altri folletti, dei bragòla si conosce anche la casa: è ai piedi di una grande roccia bianca, detta appunto cà di bragòla, che i vecchi abitanti della valle vi avrebbero saputo indicare. Addirittura, nelle vicinanze di questa roccia, poteva capitare di vedere i piccoli pannolini dei bragoletti, stesi ad asciugare al sole dalle mamme.

Nel bergamasco invece imperversava un folletto chiamato Ana Sosana. Si racconta che si divertisse a gettare nei comignoli foglie secche, sassolini, e rametti, che così finivano nelle nelle pentole in cui cuoceva la polenta.

Scherzi su scherzi quindi. Spesso innocui. E con questo articolo ho voluto scherzare anche io, ma forse un po’ meno di quello che sembra. Perché tutto sommato parlare di boschi senza parlare di queste creature, che hanno dominato per secoli i racconti di chi nei boschi viveva e lavorava, è un po’ come omettere un’ informazione importante.

Secondo Jung i folletti e gli gnomi, piccoli, imprevedibili, impulsivi, dispettosi, sempre in movimento e spesso affaccendati in occupazioni a noi non facilmente comprensibili, altro non sono che la trasposizione folkloristica, la rappresentazione mentale, della forza creatrice dell’età infantile. E allora forse non è del tutto casuale che folletti e gnomi ci appaiano proprio quando siamo nell’ambiente che rappresenta per noi quello che è il ghiaccio per gli orsi polari. L’ habitat da cui proveniamo, quello in cui abbiamo avuto origine e in cui ci sentiamo in qualche modo a casa nostra: il bosco.

E’ nel bosco, circondati dagli elementi naturali, che si manifesta la parte più primitiva, più genuina di noi stessi, e riaffiora la parte di noi che si ostina a non voler diventare adulta. Ed è nel bosco che incontriamo folletti e gnomi.

Il fatto che non esistano è un’ argomentazione validissima in pieno giorno, navigando sul web dal divano del salotto o sul treno durante il tragitto verso casa. Ma per quanto mi riguarda, quando mi trovo in un bosco vergine, magari in un’ abetaia secolare, al crepuscolo, lontano da tutto e da tutti e con la foschia che sale dalle valli più sotto, solo, o in compagnia di qualcuno che vibri delle stesse frequenze, il punto di vista cambia radicalmente. La parte della mente forgiata dagli studi scientifici tace per qualche istante, e a quel punto l’ idea che una piccola creatura con un cappello possa sbucare da una roccia o da un albero per seguire curioso il mio passaggio, mi sembra decisamente più plausibile. Di più, mi sembra reale.

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