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Autoprodurre conviene?

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Fare il pane in casa, produrre saponi, coltivare un orto, mantenere vivo il lievito madre – l’autoproduzione insomma – conviene?

Come spessissimo, la risposta è di una banalità spiazzante: dipende. Dipende da come si autoproduce e da cosa si autoproduce.

Ma a monte dobbiamo fare un’ ulteriore considerazione, e capire cosa intendiamo per “conviene”.

Conviene a chi? A noi, all’ambiente, o dal punto di vista economico? Perché le risposte possono essere differenti.

Io credo ad esempio che autoprodurre sia sempre un arricchimento, e quindi sia sempre utile, dal punto di vista della crescita personale, per chi lo fa: la soddisfazione che si ricava dall’utilizzare uno strumento interamente costruito con le proprie mani, dal progetto alla rifinitura, è qualcosa di impagabile, che ci ricollega al nostro essere selvatici. L’autoproduzione infatti ci dona la consapevolezza di avere le risorse per badare a noi stessi, di “essere capaci”, di saperci adattare all’ambiente. Pensate a come doveva sentirsi un uomo di Neanderthal quando si riparava dalle intemperie entrando nella capanna che aveva costruito interamente con le sue mani.

Autoprodurre è figo. Ci fa sentire realizzati e sicuri, consapevoli delle nostre capacità. E’ un modo per prenderci cura si noi stessi e delle persone a cui vogliamo bene. Se così non fosse non si spiegherebbe perché ci ostiniamo a fare la pizza in casa, nonostante quella presa dal pizzaiolo sia indubitabilmente più buona: fare le cose con le proprie mani è impagabile.

Ma mettiamo per un attimo da parte questo aspetto e analizziamo la questione da un punto di vista più pratico: autoproducendo si risparmia?

AUTOPRODURRE E’ ECONOMICAMENTE CONVENIENTE?

Fino ad una manciata di generazioni fa autoprodurre era la regola. In casa si faceva praticamente tutto. Si preparavano i dolci e il pane, ma si confezionavano anche i maglioni, lavorando la lana, e i materassi, imbottendoli di paglia o crine. Conveniva? Certamente. E comunque alternative non ce n’erano. Se anche fossero esistiti i supermercati, non ci sarebbe stato il denaro necessario ad usufruirne.

Laddove il prodotto industriale già confezionato era effettivamente presente, la diffusa cultura contadina del risparmio e dell’autoproduzione ne relegava il consumo ad una sparuta fascia elitaria. La carta igienica in rotoli, ad esempio, era già presente – perlomeno negli Stati Uniti – nel 1879. Ma quasi nessuno si sarebbe sognato una spesa tanto futile, e ancora per molti decenni tra ottocento e novecento, negli States e altrove, si sarebbe rimediato preparando strisce rettangolari di carta ricavata da vecchi giornali e appese ad un chiodo, pronte all’uso.

Oggi però i tempi sono cambiati. Molte cose non saremmo più in grado di farle, o le faremmo male, o richiederebbero troppo tempo. E il tempo, che nei lunghi inverni delle case rurali non mancava, oggi è per noi una risorsa preziosissima e limitata. L’effettiva scelta di cosa autoprodurre va quindi valutata caso per caso.

Facciamo un esempio in cucina: io trovo decisamente conveniente dal punto di vista economico ( ed ecologico) produrre in casa le spezie. Avete mai provato a controllare il costo al kilo delle erbe aromatiche comprate al supermercato? Non so se consigliarvi di farlo, perché è quasi inquietante: per molte si parla di più di 50 euro al kg. Per fortuna pesano poco, ma comunque per quanto mi riguarda comprarle pronte sarebbe un nonsenso. Coltivarle infatti è di una semplicità imbarazzante. Crescono solo a guardarle. Un po’ di luce e , al bisogno, un po’ di acqua: per il resto si regolano da sole. Autoprodurre quindi, in questo caso è decisamente conveniente. Magie della fotosintesi.

Un discorso differente invece si potrebbe fare, ad esempio, per il pane. Per panificare infatti occorre tempo ed energia. I nostri trisnonni probabilmente non si sarebbero sognati di comprarlo, ma allora le famiglie erano numerose e l’ energia termica proveniva dalla legna. Oggi è diverso, e bisogna capire quanto è performante il forno e quanto pane si consuma. Se il forno è vecchio e quindi consuma molto, e magari siete single, spesso produrre il pane non conviene, quantomeno dal lato economico.

Per quanto riguarda invece la produzione non alimentare, bisogna valutare di volta in volta la difficoltà di esecuzione, la nostra abilità nel produrre un oggetto valido e il tempo per acquisire il know-how necessario. Anche in questo caso, come per il pane, non è detto che autoprodurre convenga.

Un paio di estati fa, su consiglio di amici, mi sono messo in mente di costruire una cesta di vimini. Ho cercato il salice i cui rami si usano solitamente allo scopo, il Salix viminalis. Ho selezionato il materiale adatto e della giusta flessibilità, l’ho tagliato e preparato con cura. Poi ho seguito alla lettera le informazioni trovate su un vecchio libro e su alcuni articoli in rete.

Tempo e pazienza, prove e controprove, e alla fine ho capito come funzionava l’intreccio. In qualche sera ho terminato il lavoro, ho prodotto da zero una cesta di vimini.

Il risultato? Una schifezza tremenda: tutto storto da una parte. Sembrava un cesto normale dopo che qualcuno ci si è seduto sopra per sbaglio. E non si trattava di una mera questione estetica: ad ottobre l’ho usato per andare a raccogliere le castagne e si è sfasciato.

Certo, il problema potrebbe essere semplicemente la mia mancanza di manualità in quel preciso lavoro. Provando e riprovando, probabilmente al termine della curva di apprendimento la quindicesima cesta prodotta sarebbe venuta decisamente meglio. Ma a che scopo? Quante ceste mi potranno mai servire? Che senso ha impiegare risorse e tempo per imparare una cosa che poi metterei in pratica rarissimamente?

Autoprodurre in questo caso, per me, non è stato conveniente. Molto meglio comprarla quando se ne ha bisogno una, magari da un artigiano del luogo e non da qualcuno che l’abbia importata dall’altra parte del mondo.

Long story short: autoprodurre ciò che è possibile e logico autoprodurre è sicuramente conveniente. Ci fa stare bene, ci consente di risparmiare denaro ed è un modo di prenderci cura di noi stessi. Inoltre è un atto di responsabilità e amore verso la natura e verso i nostri figli, che si troveranno necessariamente ad abitare nel tipo di mondo che abbiamo lasciato loro.

Pensare invece di essere autosufficienti in tutto è un controsenso per l’ambiente e una pratica antieconomica. Una boiata fotonica insomma.

Fatte queste considerazioni, il mio consiglio è: autoprodurre, autoprodurre, autoprodurre. Ma senza fondamentalismi. Autoproducete ogni volta che ne avete la possibilità e che sia logico farlo. Usate il peperoncino coltivato nell’orto di casa per condire la pasta. Provate a mettere sulla mensola la vostra lavanda invece dei profumatori d’ambiente. Usate le foglie di menta coltivate da voi per fare il mojito. Imparate a fare il sapone. Voi sarete più soddisfatti e in giro per il mondo ci sarà un imballaggio di plastica in meno, e un camion in meno in giro a zonzo a trasportare convulsamente contenitori pieni per poi riportarli indietro vuoti.

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